Il nostro corpo ha sostanzialmente tre vie che concorrono alla produzione di energia, e una di esse utilizza l’ossigeno come carburante (sistema aerobico). Gli altri due sistemi (anaerobici) producono energia senza richiedere O2, fornendo un quantitativo valido per brevi periodi (fino ai 45”) ed intervendo per richieste impegnative, quali il sollevamento dei pesi o di esecuzione di sprint all-
I fisiologi dell’esercizio credono che fattori diversi controllino le prestazioni a seconda del sistema energetico che si sta utilizzando; i fattori limitanti l’esercizio anaerobico sono diversi dai fattori che governano l’esercizio aerobico, ergo i limiti che incontrerà un sollevatore di pesi saranno diversi da quelli che impattano su un ciclista in una grande corsa a tappe. In altri termini, le determinanti degli sport di “forza” e di quelli di endurance saranno differenti. La “forza” in senso stretto è “la capacità del sistema neuromuscolare di sviluppare tensioni per superare resistenze” (cit Kusnezov, vedasi precedente articolo in materia), frutto delle contrazioni massimali dei muscoli a carico delle fibre veloci, e quindi col presupposto fisiologico di un maggior trofismo (ossia, muscolatura più voluminosa) rispetto a un atleta di endurance, come si vede dalle masse muscolari dei maratoneti. il muscolo avrà una dimensione maggiore per via della diversa composizione delle fibre; quelle bianche aumentano maggiormente di volume e più rapidamente rispetto alle fibre rosse.
Va chiarito che avere livelli di forza massimale (cioè forza!) non genera automaticamente livelli di “potenza” elevati, e tantomeno endurance maggiore. L’equazione “forza = potenza” porta al falso presupposto secondo cui la forza assoluta in un ciclista di endurance sia determinante per erogare potenza (w) durante una gara di ciclismo (sport aerobico!), e che un training di derivazione pesistica possa perciò aumentare indirettamente i wattaggi in ambito anaerobico od aerobico (FTP); non è così, non esiste studio che dimostri un transfert del genere tra i due ambiti, e specialità della pista come lo sprint e il Km da fermo sono un mondo a parte (foto sotto, il pluri-
Esistono anche ricerche che mettono in dubbio la coesistenza di un allenamento in palestra con lo sport di endurance; è ragionevole supporre (Med Sci Sports Exercise 38 no11 N 2006) che l’attivazione di AMPK e inibizione della eEF2 nell’esercizio di resistenza e/o in sessioni di allenamento troppo frequenti (!) possa interferire con le stesse risposte indotte dal training, ossia sulla sintesi proteica, dato che l’attivazione/inibizione di queste proteine-
Sia la potenza (w) che la forza (kg) sono fortemente influenzate dalle modalità con cui i muscoli delle gambe vengono attivati dal sistema nervoso (con adattamenti neuromuscolari altamente specifici e relativi alla modalità di esercizio), ma la funzione potenza è determinata anche da come la forza possa rapidamente diminuire con l’aumentare della velocità di accorciamento delle fibre (miosina, ATP), oltre che dalla correlazione tra forza espressa e velocità di esecuzione del movimento.
In realtà, come dimostrano diversi studi scientifici, la forza massima e la potenza espressa non sono necessariamente correlate fra loro (vedasi ad esempio J Sports Med Phys Fitness, 1998 Sep; 38(3) 201-
Effettuare sessioni di allenamento con i pesi per aumentare la forza, e quindi trasformarla in potenza (!?!), coinvolgendo gruppi muscolari specificamente impegnati durante la pedalata, dovrebbe teoricamente (si badi bene) generare una risposta ipertrofica e un successivo adattamento neuronale dalle macchine al movimento pedalato. Si cerca in tal modo un aumento indiretto della potenza, in virtù di un aumento della forza reclutata in sala pesi. In realtà però questo meccanismo non è fisiologicamente dimostrabile: vi sono molti studi condotti sul “trasferimento” di livelli di forza allenati in modo specifico con altre discipline (Luecke, et al., 1998, Harris et al., 2000, Fagan e Doyle-
Non esiste alcuna ricerca che in letteratura scientifica provi il c.d. transfert dai pesi alla strada: la forza è la massima capacità di generare contrazioni muscolari, che si verificano a velocità zero (escludendo contrazioni in allungamento), e per un muscolo singolo la potenza massima si genera a circa un terzo della velocità di accorciamento massimale, e lo stesso avviene quando si pedala in bici. L’allenamento della forza in genere induce un aumento della sintesi di proteine miofibrillari, che a sua volta si traduce in una maggiore ipertrofia muscolare, in particolare in fibre di tipo II (Hather et al, 199; MacDougall et al, 1984; Staron et al, 1994; Staron et al, 1991; Tesch, 1987). Vi è inoltre un’alterazione del rapporto tra fibre di tipo II (la percentuale di fibre tipo IIa aumenta col decrescere di quelle tipo IIb) (Adams et al, 1993; Fleck & Kraemer, 1988; Kraemer, Fleck, & Evans, 1996; Staron et al, 1994; Staron et al, 1991). Oltre alle modificazioni nel volume delle fibre muscolari e nel rapporto, vi è anche una riduzione del volume e densità mitocondriale (Fleck & Kraemer, 1988; MacDougall et al, 1979; Tesch, 1987) ed alterazioni dell’attività di enzimi associati alla produzione di energia aerobica (Fleck & Kraemer, 1988; Tesch, 1987).
Insomma, l’allenamento della forza produce cambiamenti all’interno del muscolo, ed essendo quest’ultimo sottoposto ad uno stimolo ipertrofico ci sarà una relativa diminuzione del volume dei mitocondri (ossia, gli organelli microcellulari produttori di energia) all’interno del muscoli (ove l’allenamento aerobico tende a provocare appunto l’effetto opposto: Hickson, 1980; Holloszy & Coyle, 1984; Sale et al., 1990a).
Dunque (Coggan) la forza non è limitante, poiché la velocità di accorciamento è di gran lunga maggiore di zero, ed inoltre un ciclista pro world-
Con il lavoro in palestra il ciclista allenato può soltanto effettuare un buon lavoro di core-
Non importa quanto tempo si sollevino i pesi: se la forza è una funzione delle contrazioni a livello neuronale, sarà sempre necessario effettuare serie di massimali per indurre uno stato ipertrofico, mentre invece le determinanti fisiologiche di uno sport di endurance saranno relative alla potenza lipidica, al VO2max, alla FTP, all’efficienza del movimento, al supporto nutrizionale di complemento. Dato che le forze necessarie per pedalare alla propria FTP (potenza di soglia funzionale) o a livelli VO2max sono ben al di sotto di quelle necessarie a generare contrazioni massimali, la forza non può essere considerata un limite per il ciclista (che dispone dei kg necessari per fare wattaggi da pro), quando invece il limite è la capacità di generare wattaggi sub-
Questo concetto è dimostrato anche dalle differenze muscolari relative ai ciclisti e ai sollevatori di peso (ricerca pubblicata nel 2004); i sollevatori hanno mostrato valori di potenza nel sollevamento (derivata da prove di mezzo squat con carichi compresi tra il 15 e il 90% del massimale) del 45-
La ricerca ha messo in evidenza le nette differenze in termini muscolari ed energetici tra sollevatori e ciclisti; due tipologie di atleti il cui sviluppo (training) delle capacità muscolari e di endurance è determinante per comprendere il divario tra le rispettive attitudini neuromuscolari, fisiologiche e prestative. Gli elevati valori di potenza (watt) generabili attraverso i substrati aerobici, nel ciclismo su strada élite, sono dovuti al significativo reclutamento delle fibre veloci durante l’allenamento e la competizione ciclistica; alle intensità sub-
I risultati suggeriscono che, nel ciclismo l’allenamento di endurance (z2-
Gli adattamenti indotti invece da un corretto programma ciclistico, orientato al miglioramento nella sostenibilità delle coppie torcenti e della massa mitocondriale, più che allo sviluppo della forza massimale o del trofismo muscolare, sono per noi mirati ad apportare benefici nella potenza aerobica massima e nella capacità ossidativa (Gollnick et al., 1973a), una buona % di fibre muscolari tipo I e/o loro conversione (Coyle et al., 1991), una maggiore densità capillare, attività enzimatiche specifiche della citrato sintasi e succinato deidrogenasi (Gollnick et al, 1973a; Burke et al, 1977) all’interno della muscolatura delle gambe, sempre rispetto alle persone sedentarie o ai sollevatori di pesi. Tutti questi adattamenti specifici si traducono anche in un miglior utilizzo del glicogeno muscolare e nella produzione/smaltimento più efficace del lattato durante l’esercizio competitivo in bicicletta.
1 commento
darko · 25 Gennaio 2019 alle 8:43
interessante