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  • Immagine del redattoreSimone Casonato

SFR, forza resistente e cadenza nelle ripetute

Il periodo attuale della stagione è diviso tra chi è ancora alle prese con le gare clou della stagione e chi invece sta un poco allentando la presa, in vista del meritato stacco estivo.


In questo periodo, chi stacca e cerca di ricostruire la forma deve affrontare anche alcuni richiami muscolari, riprendendo alcuni lavori specifici di forza che di solito si accantonano nel periodo agonistico. Tra queste tipologie di esercizio, spesso saltano fuori le famose Salite di Forza Resistente.


Riguardo alle tradizionali SFR, quelle per intenderci sviluppate da Sassi ad inzio anni 80 per il record dell’ora di Moser, il dibattito è sempre vivo nonostante gli anni passino e le metodologie si evolvano in modo deciso.Uno studio degli ultimi anni (2014) ha provato a confrontare i risultati di dodici settimane di allenamento con ripetute a cadenza bassa (40 rpm) o cadenza spontanea (ed intensità media) su alcuni atleti amatori, età media 47 anni e buon motore aerobico (oltre 54 di vo2max).


Alcuni di questi amatori si sono allenati due volte a settimana con esercizi tipo SFR per 12 settimane, e il loro riscontro è stato confrontato con gli atleti che hanno lavorato a cadenza libera (ovviamente più elevata delle 40 rpm imposte). Riscontro che è stato valutato sia con test in bicicletta che in palestra (pressa, extension, etc).

Il risultato dello studio è che le SFR non migliorano la capacità aerobica, le prestazioni ciclistiche (l’efficienza) o la forza delle gambe nei ciclisti amatori ben allenati, rispetto ad un lavoro a cadenze libere.La presenza di allenamenti alla stessa intensità e durata, ma svolti a cadenza libera, sembrerebbe più vantaggioso per le prestazioni e gli adattamenti fisiologici che intercorrono nei ciclisti amatori oggetto dello studio.Il riscontro dell’attuale studio è in parte contrastante con studi precedenti, che hanno dimostrato effetti positivi dell’allenamento a bassa cadenza sulle capacità atletiche (2012); in questo caso però l’allenamento era stato eseguito a intensità più elevata (85–90% di FCmax rispetto a 73–82% di FCmax) e con cadenza più elevata (60 rpm vs 40 rpm) rispetto allo studio qui citato.


Un altro studio del 2009 ha riscontrato che l‘allenamento a 60-70 rpm migliori le prestazioninei ciclisti ben allenati, suggerendo che lo stimolo della forza sia una possibile spiegazione insieme a un aumento del livello di testosterone. Se un’ulteriore riduzione della cadenza, e quindi un più elevato picco di forza sul pedale, migliori ulteriormente l’efficienza e le prestazioni della bicicletta, è però tutto da verificare.



Tornando allo studio di inizio articolo, infatti, una cadenza di 40 rpm potrebbe essere stata troppo bassa e dunque aspecifica se si segue il principio di specificità dell’allenamento, soprattutto in periodi come questo ricchi di gare ed allenamenti lunghi. Del resto, numerosi studi hanno valutato come molte forme di allenamenti ad alta intensità (HIT) possano generare miglioramenti significativi nelle prestazioni di ciclisti ben allenati. E, nella scelta della cadenza, il lavoro a 40 rpm potrebbe essere meno efficace rispetto a quello di 60 rpm per uno stimolo più specifico delle capacità aerobica, stimolo che risulta fondamentale nei periodi più specifico e competitivo della stagione.

Per non parlare di possibili rischi muscolo-tendinei se non si svolgono correttamente i lavori a cadenze sotto le 55 rpm, specie per atleti che abbiano alcune patologie o precedenti problemi da sovraccarico.

Insomma, come sempre la scelta degli esercizi specifici è molto delicata e frutto del giusto equilibrio tra scienza, soggettività e valutazione globale del programma di allenamento stagionale.

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